abbiamo scelto di tornare alle origini, per concentrarci su
recupero delle
vigne antiche
La Rabiosa promuove e incentiva il recupero delle vigne antiche e il ripristino di modalità di vinificazione andate oramai in disuso a causa della crescente meccanizzazione dei processi produttivi.
Le vigne antiche sono quasi completamente scomparse, sostituite da impianti giovani, con varietà alla moda, che si adattano maggiormente ai gusti odierni. Tuttavia, il Veneto e in particolare la provincia di Padova, ha un patrimonio enorme di vecchi vigneti capaci di rivelare il vero e più autentico legame con la specifica realtà di terreno in cui crescono. Tali vigneti vanno tutelati alla stregua di monumenti in quanto portano con sé le storie e le scelte di vita e di gusto di chi li ha piantati e spesso di intere comunità.
Si tratta di vigne con decine di anni alle spalle, da cui derivano vini capaci di dare sensazioni che vanno oltre la frutta di bosco, l’acidità e la persistenza fino a sconvolgere le classiche percezioni gustative di chi si avvicina. Il motivo risiede nel fatto che dopo decenni le radici delle viti, approfondendosi, trovano disponibilità di acqua e nutrienti costanti e perfetti per il loro metabolismo. Offrono pertanto uve dalla maturazione più regolare oltre al fatto che nelle bucce si accumula una maggior quantità di sostanze aromatiche.
I vecchi vigneti sono un valore culturale, un patrimonio di biodiversità e un fondamento storico da salvaguardare.
la vernazzola
La “Vernazzola” è un vitigno autoctono la cui presenza risale alla prima metà del ‘600, benché le testimonianze scritte siano successive. Un certo Giacomo Agostinetti nel 1679 ne riferisce le caratteristiche enologiche affermando che il suo migliore utilizzo è quello per la produzione di un vino dolce, previo l’appassimento delle uve per 4 o 6 giorni al sole.
Gli acini della Vernazzola, quando rivolti alla luce, risultano molto sensibili e suscettibili a scottature. Anche per questo motivo si era soliti coltivarla nelle “pianta’” ove la luce del sole era mascherata dalle foglie di altre piante, come gelsi e salici, usati come tutori del vigneto stesso.
Nel corso degli ultimi anni La Rabiosa ha recuperato dei tralci da una delle pochissime “piantà” rimaste in tutta la zona ospitanti vigne di Vernazzola ultracentenarie a piede franco site a Urbana (PD). Dopo aver analizzato il genoma, dai tralci di queste antiche vigne è stato possibile realizzare uno stupendo vigneto in zona “Laghi” nel comune di Merlara (PD).
La Vernazzola si presta benissimo a rifermentazioni siano esse in autoclave oppure in bottiglia in versione frizzante e anche spumante. Dai punti di vista olfattivo e gustativo evidenzia note di mela matura, pesca, timo, origano, vegetale secco in genere e fieno. Il gusto si manifesta molto complesso, morbido e persistente. Posticipando la raccolta, e vinificandola in rosso (con la macerazione delle vinacce durante la fermentazione), si ottiene un vino più complesso e con caratteristiche peculiari.
raboso veronese
Anche se il nome potrebbe far pensare a una provenienza dalla provincia di Verona, in realtà non si possiedono testimonianze in tal senso. La voce più curiosa in materia lo vorrebbe diffuso per opera di tale signor Veronesi, da cui il nome.
Ben presente in Veneto fin dall’inizio dell’Ottocento, nel 1925, lo studioso di ampelografia Norberto Marzotto, affermò che la diffusione del Raboso Veronese era cominciata dai possedimenti dei Conti Papadopoli di Cologna Veneta (VR).
Il vitigno presenta una buona resistenza al freddo invernale, che unita alla predilezione per i terreni di pianura alluvionali e sabbioso-limosi, ne hanno decretato la diffusione nella pianura padano-veneta.
Il Raboso è riconoscibile non tanto per i profumi, ma per l’impressionante combinazione di acidità-tannicità che vi assale appena lo assaggiate. E proprio per questo si tende a produrre vini che poi affinano a lungo in legno per smussare tutta questa esuberanza oppure vini di pronta beva taglienti e meno impegnativi. Da giovane è molto vinoso, con veste violacea, ma invecchiando diventa di uno splendido granato.
il vino in anfora
Tra i propri obiettivi di riscoperta, La Rabiosa ha intrapreso la tecnica di vinificazione in anfora. L’anfora in terracotta è un materiale naturale, semplice e con un valore aggiunto rispetto al legno: la terracotta non cede aromi e soprattutto non modifica l’aspetto organolettico del vino, mantenendone il profilo identitario al massimo delle sue potenzialità. L’anfora, inoltre, è traspirante, pertanto durante l’affinamento i vini vengono microssigenati naturalmente, senza l’intervento dell’uomo.
La pratica della vinificazione in terracotta infatti prevede che le uve vengano messe a fermentare nelle anfore con la buccia. Nella fermentazione alcolica le uve subiscono quindi una macerazione sulle bucce; in questo periodo è necessario provvedere ogni giorno alla follatura per assicurare una corretta fermentazione e garantire l’estrazione dei composti organici dalle bucce, fondamentali sia per il profilo aromatico dei vini che per il loro affinamento. Generalmente il vino rimane in anfora 6 mesi. Tra i vantaggi del produrre il vino in anfora c’è innanzitutto la durata di questi recipienti, praticamente eterni (a differenza del legno che dopo alcuni passaggi si esaurisce e pertanto va sostituito). La terracotta inoltre previene il propagarsi di microrganismi dannosi per il profilo organolettico dei vini come il Brettanomyces, responsabile della produzione di composti aromatici fenolici che causano il famoso odore di stalla nei vini.
Fare il vino in anfora è una tecnica antichissima, che risale a migliaia di anni fa. Oggi richiede un maggior lavoro manuale, in quanto il processo non è meccanizzabile, tuttavia è un procedimento ideale in quanto ci permette di riscoprire i più autentici sapori e profumi dei vini antichi.
il frutto del nostro lavoro